Fra Sogni e Valigie

48 ore nel Chianti: il mio weekend perfetto tra borghi e vigne

Venerdì pomeriggio, Rimini. La borraccia sul sedile affianco, la playlist road trip pronta, la mia migliore amica che mi aspetta a Firenze. Destinazione: un weekend nel Chianti che non seguirà nessuna guida turistica. Solo strade secondarie, botteghe storiche e quella Toscana che resiste al tempo.

Venerdì: la strada che vale il viaggio

Potevo prendere l’A1, arrivare in un’ora e mezza, efficiente e veloce. Invece ho scelto il Passo del Muraglione, attraverso il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Tre ore e mezza di curve tra faggi che iniziano a tingersi d’autunno, il rombo delle moto che sfrecciano (questo passo è il loro paradiso), soste improvvisate per fotografare scorci che nessuna autostrada potrà mai regalarti.
C’è qualcosa di terapeutico nel guidare senza fretta, nel sentire la macchina che si arrampica tra i tornanti, nel vedere il paesaggio che cambia metro dopo metro. Dalla pianura romagnola alle foreste appenniniche, fino a sbucare nella valle dell’Arno con Firenze che appare all’orizzonte nel sole del tardo pomeriggio.

Firenze: quando i turisti vanno a cena

Ore 18:30, arrivo a Firenze. Prima tappa: la Piccola Farmacia Letteraria nella nuova sede in centro. È bella, luminosa, funzionale. Ma mentre cammino lentamente tra gli scaffali perfettamente ordinati, non posso fare a meno di sentire nostalgia per la poesia della prima sede.
Ore 20:00, l’appuntamento che aspettavo da mesi: la visita notturna al Corridoio Vasariano.
Immaginate questo: gli Uffizi completamente vuoti. Solo io, la guida, e il silenzio che amplifica ogni passo sui pavimenti antichi. Nessuna folla che spinge, nessun selfie stick che blocca la vista, nessun gruppo che parla sopra le spiegazioni. Solo arte, storia, e quella luce dorata del tramonto che filtra dalle finestre del corridoio.
Il momento che mi ha fermato il respiro? Quando dal Corridoio si apre la vista sulla Chiesa di Santa Felicita. Una prospettiva che di giorno, schiacciati tra centinaia di visitatori, non potresti mai apprezzare. In quel momento ho capito: Firenze non è stanca dei turisti, siamo noi che la visitiamo nel modo sbagliato.
La cena in una trattoria del quartiere di Santo Spirito con la mia amica fiorentina è stata il sigillo perfetto: filetto (ovviamente), vino della casa e chiacchiere fino a tardi. I turisti cenano in Piazza della Signoria. I fiorentini stanno dall’altra parte dell’Arno.

Sabato: il Chianti che non ti aspetti

Ore 8:00 – Montefioralle: il risveglio medievale

Partenza presto, quando Firenze ancora sbadiglia. Prima tappa: Montefioralle, frazione di Greve che il tempo ha dimenticato (per fortuna).
Parcheggio fuori dalle mura e saliamo a piedi. Il borgo è deserto, solo un gatto che mi osserva sospettoso e il profumo del pane appena sfornato che esce da una finestra. Case in pietra, vicoli così stretti che puoi toccare entrambi i muri allargando le braccia, gerani rossi che esplodono dai davanzali. Zero negozi di souvenir, zero menu turistici in quattro lingue. Solo silenzio e autenticità.
Mi siedo sui gradini della chiesa. Sotto di me la valle del Chianti si sveglia nella foschia mattutina. È in momenti come questo che capisci perché questa terra ha ispirato secoli di arte e poesia.

Ore 10:00 – Greve: dove il Chianti ha sapore

Scendiamo a Greve quando il paese inizia ad animarsi. I turisti vanno dritti alla famosa piazza triangolare (bella, per carità, ma ormai trasformata in un set fotografico e stra pina per il mercato, che ormai di locale ha ben poco). Noi facciamo colazione alla Pasticceria Chianti e poi andiamo dove vanno i locali: le macellerie storiche.

Tappa d’obbligo: Macelleria Falorni. Dal 1806, otto generazioni della stessa famiglia. Entri e il tempo si ferma. Soffitto con prosciutti appesi come stalattiti profumate, bancone di marmo consumato da duecento anni di affettati, e loro: i macellai che sono enciclopedie viventi del gusto. “Questa finocchiona l’ho stagionata io nella cantina di sotto,” mi dice il proprietario, “ricetta del mio bisnonno, niente variazioni moderne.” Assaggio. Ha ragione.
Esco con la borsa piena: salami, formaggi, composte. Ho speso meno che in una cena mediocre a Rimini, per prodotti che sono opere d’arte.

Ore 13:00 – Castellina: il pranzo dove mangiano i vecchi

Arriviamo a Castellina all’ora di pranzo e d’obbligo è fermarsi alla Macelleria Sticcini. Qui il pranzo. Dimenticate ristoranti stellati e wine bar minimal. Niente menù, niente fronzoli. “Che c’è oggi”? La felicità è una tartare preparata al momento, mangiata al piano di sopra della macelleria, davanti alla griglia in cui preparano la tagliata per la mia amica. Vino della casa in caraffa di vetro. Semplice. Perfetto. Questo è pranzare nel Chianti vero.

Ore 15:00 – Radda: resistere con grazia

Radda in Chianti potrebbe essere la classica trappola turistica: borgo medievale perfettamente conservato, vista mozzafiato, negozietti di prodotti tipici. Invece resiste con grazia.

Il trucco è allontanarsi dal corso principale. Nelle vie laterali trovi l’alimentari dove le nonne comprano il pane, il bar con la televisione accesa sul campionato, la panchina all’ombra dove i pensionati commentano il passaggio. In una piccola enoteca trovo qualcosa che mi mancava da davvero tanto tempo: una marmellata di fichi fatta artigianalmente. Un sogno.

Ore 17:00 – Dudda: il segreto finale

L’ultima tappa è Dudda. Non la troverete in nessuna guida. È un pugno di case intorno a una chiesa, una strada che finisce nei campi, silenzio totale.

Parcheggiamo accanto davanti alla scalinata della chiesa ed entriamo in una piccola bottega. “Turiste?” chiede la ragazza seduta all’interno. “Viaggiatrici,” correggo. Sorride. “Allora siete nel posto giusto. Qui non viene nessuno.”

E ha ragione. Dudda è il Chianti di cinquant’anni fa, quello che esisteva prima di Instagram, prima dei wine tour, prima che diventasse un brand. È solo un paese dove la gente vive, coltiva la terra, produce vino per sé e per gli amici. Non c’è niente da vedere. Ed è proprio questo il punto.

Ore 19:00 – Il ritorno a Firenze

Torniamo a Firenze con il sole che tramonta dietro le colline, dipingendo i vigneti d’oro. Il bagagliaio dell’auto è pieno, il telefono anche (di foto e di video che non renderanno mai giustizia), ma soprattutto è piena la testa di momenti veri.

Cena leggera a casa con la mia amica, assaggiando i tesori comprati durante il giorno. Parliamo di come il Chianti sia cambiato, di come resistono sacche di autenticità, di come viaggiare sia soprattutto una questione di sguardo.

Domenica: l’arte del ritorno lento

Domenica mattina, ultima colazione fiorentina in un bar di quartiere. Cornetto caldo, cappuccino con la schiuma fatta come si deve, giornale locale da sfogliare. I turisti sono già in coda agli Uffizi. Io sono qui, a fare colazione con i fiorentini della domenica.

Il viaggio di ritorno è contemplativo. Riprendo la strada panoramica, ma questa volta ancora con meno fretta dell’andata. Mi fermo in un punto panoramico sopra Scarperia. Guardo la Toscana che si estende fino all’orizzonte. Penso a tutti quelli che vengono qui seguendo le guide, spuntando le attrazioni, correndo da un posto all’altro.

E poi penso al mio weekend: le chiacchiere con la mia migliore amica, il silenzio di Montefioralle, il sapore di quella tartare a Castellina, il Corridoio Vasariano vuoto nel tramonto.

Arrivo a Rimini per cena. Gli amici della palestra mi aspettano per festeggiare in ritardo il mio compleanno. “Com’è andata nel Chianti?” chiedono. “Ho trovato quello vero,” rispondo.

L’essenza del weekend perfetto

Questo weekend mi ha ricordato una verità semplice: i posti migliori non sono quelli delle guide, ma quelli che scopri seguendo l’istinto, parlando con le persone, rallentando abbastanza da vedere oltre la superficie.

Il Chianti delle cartoline esiste, certo. Ma il Chianti vero è nelle macellerie storiche, nei bar dove giocano a carte, nelle strade secondarie dove i motociclisti vengono a sognare, nei silenzi di borghi che hanno scelto di non diventare attrazioni.

Non serve un itinerario rigido. Serve la voglia di perdersi. Non servono prenotazioni costose. Serve seguire i locali. Non serve correre per vedere tutto. Serve fermarsi per capire qualcosa.

Il mio consiglio finale

Se volete vivere un weekend così, non copiate il mio itinerario. Usatelo come ispirazione, poi createvi il vostro. Parlate con il benzinaio, seguite l’Ape del contadino, entrate nel bar senza insegna in inglese. Il Chianti migliore è quello che scoprirete voi, svoltando in quella strada sterrata solo perché vi incuriosisce.

E se volete qualcuno che vi mostri questi posti senza trasformarvi in turisti, scrivetemi. Sto organizzando piccoli weekend per la primavera 2026. Maximum 8 persone, niente pullman, niente programmi rigidi. Solo il Chianti come l’ho vissuto io, come meritate di viverlo voi.

Frà La vostra Travel Designer


P.S. Mentre scrivevo questo articolo, la valigia per l’India era già in preparazione accanto alla scrivania. Dal Chianti al Gange, dalla finocchiona al curry. Il bello di viaggiare è proprio questo: ogni partenza è una rinascita. Seguitemi su Instagram @francesca_capellini per passare dalle colline toscane al caos di Delhi.

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